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Sito informativo dedicato alle Diete Dimagranti di origine mediterranea. Le diete dimagranti hanno sempre costituito, sin dalla notte dei tempi, un mezzo per ritrovare una buona forma fisica nonché l'accettazione della propria immagine...

LA DIETA COME RESTRIZIONE CALORICA NEL SOVRAPPESO

Un aumento di peso corporeo superiore al 20% del massimo stabilito dagli standard, calcolati sulla popolazione normale, in base all’età, al sesso, all’altezza e alle caratteristiche morfologiche, può esser
considerato come il limite per definire una condizione di obesità. Il peso in sé, però, non può essere preso come unico parametro per determinare se una persona è o meno obesa, è utile in prima approssimazione; infatti anche un intenso esercizio fisico può far aumentare il peso fino a superare quello ideale, ma non per questo la persona può essere definita obesa.
Per la definizione di peso ideale, in tutti gli studi scientifici è consuetudine fare riferimento all’indice di massa corporea (IMC) o body mass index (BMI). L’indice di massa corporea si ottiene dividendo il peso (in Kg) per il quadrato dell’altezza (espressa in m). Viene considerato ideale per l’uomo un valore di IMC pari a 22, con un range che prevede come limite inferiore 20 e come limite superiore 25; per la donna adulta il valore di IMC è di 20,8 con un valore minimo di 18,7 e uno massimo di 23,8.



L’obesità di sicuro non è un semplice inestetismo, e non si presenta come una semplice patologia, è piuttosto una sindrome determinata da molteplici cause che sono il risultato della combinazione di fattori genetici, nutrizionali ambientali e socioeconomici.
Esistono varie forme di obesità, quella “essenziale” (semplice o esogena) è la più frequente ed è determinata da un bilancio energetico positivo, cioè in una persona obesa di questo tipo si evidenzia uno squilibrio tra l’introduzione di alimenti (in eccesso) e il consumo di energia (in difetto). La terapia si basa sul controllo della dieta, che deve essere tale da ridurre gli introiti energetici facendoli coincidere con la reale spesa energetica dell’individuo. Comunque dire che l’obesità sia la conseguenza del bilancio energetico positivo può essere giusto solo in prima approssimazione.

Infatti il bilancio positivo può essere dovuto a un’alimentazione più ricca rispetto a quella della media di una certa categoria di persone, dovuta ad esempio a particolari condizioni psicologiche, ma può
anche dipendere da un dispendio energetico inferiore a quello che sarebbe lecito aspettarsi, e per quest’ultimo, si può intervenire anche aumentando il consumo energetico incrementando l’attività fisica (v.
Schema seguente).

diminuzione dell’introduzione aumento del consumo calorico
calorica (dieta) (attività fisica)
bilancio calorico negativo
utilizzazione dei lipidi in eccesso come fonte di energia
perdita di peso

L’obesità “secondaria” invece è la conseguenza di disturbi ormonali di vario tipo. In queste persone, che rappresentano una quota assai modesta (meno del 5%) degli obesi, il trattamento è rivolto alla malattia di base; è comunque evidente che di fronte ad ogni aumento ingiustificato di peso, diventa importante ricercarne accuratamente le cause. Inoltre anche alcuni farmaci (ciproeptadina, glicocorticoidi, contraccettivi orali) sono in grado di causare aumento ponderale.
L’aumento del peso corporeo può esser dovuto ad un eccessivo volume degli adipociti o ad un aumento del numero degli stessi, oppure ancora ad entrambi questi fattori. E’ stato dimostrato che in
età giovanile, l’organismo tende ad accumulare energia aumentando il numero degli adipociti, mentre invece una volta giunta la maturità tende piuttosto ad immagazzinare i grassi aumentando il volume
delle singole cellule (Cantalamessa L.).
Il tessuto adiposo costituisce il 20% circa del peso corporeo totale di un giovane adulto normale (valutato in 15 Kg circa in un soggetto di media taglia). Sfortunatamente non c’è quasi alcun limite alla
possibilità di accrescimento per il deposito di tessuto adiposo. Quasi tutto l’aumento di massa corporea dei soggetti estremamente obesi è dovuto ad un aumento dei depositi di tessuto adiposo. Perciò, in un individuo obeso di 140 Kg, più del 50% del peso corporeo è rappresentato da questo tessuto. Il 90% circa della massa di questo tessuto è costituito da trigliceridi.
Vi sono perciò abbastanza trigliceridi disponibili per fornire energia per 2 mesi o più alla velocità media dei consumi calorici. Ciò è in netto contrasto con le quantità limitate di glucosio disponibile nei depositi, che è sufficiente soltanto a provvedere energia per meno di un giorno. Infatti l’organismo per i suoi fabbisogni energetici utilizza il glucosio i cui depositi totali disponibili sono quindi abbastanza rapidamente esauribili; i grassi o lipidi alimentari non essendo utilizzati immediatamente dall’organismo come fonte energetica sviluppano una maggiore tendenza all’accumulo. Soltanto in un
secondo momento gli acidi grassi vengono mobilizzati dai depositi di trigliceridi del tessuto adiposo e utilizzati per ricavare energia.
Il tessuto adiposo è distribuito largamente in tutto l’organismo dei mammiferi, ma il profilo di tale distribuzione differisce da specie a specie. Gli uccelli migratori ad esempio depositano quantità enormi di grasso nell’addome (grasso omentale). Negli esseri umani, il tessuto adiposo si trova nel tessuto sottocutaneo di tutto il corpo, con alcuni depositi extra nelle aree delle natiche e delle mammelle. Vi sono inoltre cospicui depositi di tessuto adiposo nel mesentere, e depositi minori attorno ai reni ed anche intorno al cuore.
L’obesità aveva in epoche remote come funzione quella di creare una riserva di energia depositata sottoforma di grasso. Era in effetti molto importante economizzare energie per riuscire a sopperire alle difficoltà contingenti di trovare cibo, in modo particolare per le donne visto il ruolo sociale che occupavano essendo deputate alla riproduzione, all’allattamento dei piccoli cui dovevano provvedere anche in assenza di cibo.
La capacità di accumulare energia sottoforma di depositi di tessuto adiposo si è tramandata geneticamente e anche oggi che non sussistono più problemi di approvvigionamento di cibo sono rimaste intatte le potenzialità dell’uomo primitivo.
La tendenza innata ad accumulare grasso varia comunque da individuo ad individuo, ma c’è una sola via d’uscita per non accumulare il grasso ed è rappresentato dallo schema seguente:

CALORIE ENTRATE = CALORIE CONSUMATE PESO STABILE
CALORIE ENTRATE < CALORIE CONSUMATE DIMAGRIMENTO
CALORIE ENTRATE > CALORIE CONSUMATE INGRASSAMENTO



Se le calorie assunte sottoforma di cibo sono maggiori di quelle consumate per il fabbisogno energetico, avremo un accumulo di grasso.
Per il raggiungimento del peso ideale allora possono essere indicate alcune regole che dovrebbero essere rispettate ogni qual volta ci si appresta a seguire una dieta.
Innanzi tutto è importante che si proceda lentamente nel diminuire il numero di calorie totali ingerite nelle 24 h.
L’organismo non ha alcun riferimento interno che stabilisca un livello definitivo di grasso, ma solo un livello abituale. Quando si mantiene un certo livello di peso per un anno o più l’organismo si abitua a quel valore e lo difende energicamente, viene instaurato il così detto fatpoint.
Il fatpoint viene continuamente monitorato tramite mediatori ormonali, che segnalano al cervello la necessità di intervenire se anche solo una piccola parte dei trigliceridi del tessuto adiposo vengono mobilizzati per fornire energia. L’organismo sposta il fatpoint verso l’alto in maniera molto graduale ed è allora necessario procedere con la stessa gradulità per riportarlo verso il basso senza che vengano innescati meccanismi di difesa da parte dell’organismo. È molto importante ridurre l’apporto calorico quotidiano totale di non più del 20%, cioè per una dieta che prevede un apporto di 2000 Cal/die si può diminuire di 400Cal.
Naturalmente è molto importante considerare anche il tipo di nutrienti che ingeriamo con la dieta. Sarebbe auspicabile che almeno la metà delle calorie introdotte con gli alimenti nelle ventiquattro ore
fosse di derivazione proteica (carne magra e/o pesce). Infatti le proteine producono un’azione dinamico-specifica, perchè abbisognano di circa il 30% del fabbisogno energetico totale per essere degradate e quindi assimilate e trasformate in energia motoria (costo calorico della digestione). Inoltre l’assunzione di proteine fa oscillare meno i livelli di zucchero nel sangue, evitando così l’iperinsulinemia che è causa del senso di fame. Le proteine sono in grado di soddisfare meglio il
senso di fame che non gli zuccheri, rimanendo anche per un tempo maggiore nel tratto gastrointestinale visto che sono digerite più lentamente.

Altro importante accorgimento da adottare quando si segue un regime dietetico è quello di frazionare il numero di calorie che si intendono assumere nelle 24h in tre o quattro pasti .
In questo modo viene favorita l’utilizzazione delle calorie piuttosto che il deposito di queste sottoforma di tessuto adiposo. Sono stati effettuati studi a proposito e qui riportiamo il risultato di un
esperimento eseguito su 4 gruppi di pazienti (per un totale di 2000 soggetti) sottoposti ad un regime alimentare ipocalorico non accompagnato dalla somministrazione di nessun farmaco o
integratore.

Come è possibile vedere dai dati sopra riportati i risultati migliori in termini di perdita di peso sono stati ottenuti quando le calorie sono state distribuite in tre pasti piuttosto che consumate tutte in uno
singolo. Si dovrebbe poi concentrare l’introduzione di calorie soprattutto nella prima parte della giornata, contrariamente alle abitudini italiane che generalmente prevedono a pranzo un panino o
un toast consumato di fretta, compensato da una cena abbondante.
Negativo è invece spostare il consumo delle calorie nella seconda parte della giornata. Il comportamento più corretto potrebbe essere magari quello proposto da un antico adagio che recita così:
“ Per vivere in buona salute si dovrebbe fare una colazione da re, un
pranzo da principe ed una cena da povero.”

Da: Edizioni Planta Medica
FAUSTO MEARELLI (Dottore in Farmacia - Diplomato in Erboristeria)
MARINELLA PESCARI (Dottoressa in Chimica e Tecnologie Farmac.)

 
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